Oggi parte “SENZAGIRO – Il Giro d’Italia che non c’è”: con il Prof. Munarin consigliere CUS Venezia e delegato per lo Sport del Rettore IUAV tra i promotori che ci racconta come è nata l’iniziativa
Stefano Munarin, Quando il Giro c’è, non partecipo, ora che il Giro non c’è, partecipo
In poche parole cosa è il “Giro che non c’è” ?
Assieme ad altri e più nobili appassionati (Paolo Bozzuto, Silvio Martinello, Marco Pastonesi, Gino Cervi, Guido Rubino… non so se mi spiego!) scriverò il racconto (la “cronaca di giornata”) di una tappa che non ci sarà: racconterò in particolare la tappa 17 (da Bassano del Grappa a Madonna di Campiglio) che non ci sarà sulle strade d’Italia ma ci sarà nei nostri canali social, e spero riuscirà comunque a far battere un po’ anche i vostri cuori.
Ci trovate infatti nei vari social, come Facebook e Instagram e in particolare sul sito senzagiro.com, già attivo con diversi materiali e che da venerdì 8 maggio, ogni giorno alle 17.00 circa proporrà il racconto della tappa quotidiana.
Infine ma non per ultimo: con questo “gioco”, cresciuto in questi mesi di reclusione, speriamo di ricavare dei fondi da devolvere alla cooperativa socio sanitaria Namastè che opera nel bergamasco e sta affrontando le innumerevoli emergenze legate alla pandemia.
Insomma, quanti Giri ho visto dal divano… Quando il Giro c’è, non partecipo, ma ora che il Giro non c’è, ho pensato bene di partecipare.
Quando i nostri eroi sfrecciano sulle strade d’Italia, non c’è bisogno della mia presenza e così mi ritiro a casa in estatico silenzio: li ammiro in tv, esulto e li ringrazio per le emozioni che mi regalano. Quest’anno però tocca a noi non lasciarli soli, provando a ridare indietro almeno un po’ delle emozioni che ci regalano.
A cosa pensi quando pensi allo sport?
Ho praticato (e cerco di praticare) diversi sport: il quasi inevitabile calcio (da piccolo avevo la maglietta arancione con il numero 14), poi alpinismo (roccia, ghiaccio e falesia), un po’ di pallavolo ma pure rugby (old e allenatore di bambini e ragazzi).
Anche per via dei miei interessi per la città e il paesaggio, da sempre mi emoziono quando posso camminare (in montagna ma anche attraverso le città) e, da quando l’ho insegnato a mio figlio, pedalare (meglio se lungo argini e strade minori, cioè il cosiddetto “mondo gravel”). Sentire il corpo il movimento, il sudore che scende, il cuore che batte, stando “dentro” un paesaggio è un’emozione che si rinnova ogni volta.
Quando penso allo sport quindi, penso ad un’attività che fa bene al fisico e alla mente ma è anche attività collettiva e, oltre ad utilizzare spazi dedicati (campi e palestre), sempre più spesso oggi è anche forma di “esplorazione” e conoscenza del territorio.
Quindi il ciclismo e il Giro…
Sì. Come dicevo, mi interessano in particolare gli sport che si svolgono oltre gli impianti, quelli che non sarebbero possibili senza il paesaggio, che non soltanto li “contiene” ma da questi è animato, gli sport che si “nutrono” del paesaggio e al contempo lo nutrono, non soltanto nel senso che alimentano economie ma anche lo fanno entrare nel nostro immaginario collettivo: i passi dolomitici, il Mortirolo, le foreste e le pietre della Roubaix, ecc. sono tutti paesaggi che entrano ogni anno nelle nostre case e sono diventati parte della nostra memoria collettiva.
Ed il Giro d’Italia è questo, oltre che evento sportivo è anche visione e lettura del paesaggio italiano, un “romanzo per immagini” che ogni anno accompagna milioni di persone lungo la penisola, illustrando le città e il territorio mentre racconta un evento sportivo. Per questi motivi probabilmente ogni anno appassiona milioni di spettatori, che seguono le gesta degli atleti ma al contempo ammirano il susseguirsi delle città e dei paesaggi attraversati dalla carovana rosa.
E quest’anno che il Giro non c’è, c’è il “SenzaGiro”
Il Giro è un po’ sempre anche il racconto del nostro Paese e per questo, insegnando all’Università Iuav di Venezia dove mi occupo di città, territorio e mobilità attiva e, in qualità di Delegato del Rettore per lo sport e l’inclusione sociale organizzo escursioni a piedi, in bicicletta e in barca intitolate “Labirinti di libertà”, per tutto questo in fondo, sono entrato a far parte della squadra dei “SenzaGiro”: un gruppo di appassionati, scrittori, giornalisti e illustratori che racconteranno le tappe del “il Giro che non c’è”: sperando di restituire ai nostri “eroi” almeno un po’ delle emozioni sportive e delle qualità del paesaggio italiano che quest’anno potremo solo immaginare.
Perché raccontare un “Giro che non c’è” è per noi un esercizio, certo piccolo e leggero in questi tempi difficili e alle prese con grandi problemi, per cercare di ricostruire almeno idealmente quel rapporto tra corpo e paesaggio, tra pratica sociale e ambiente che l’attuale emergenza sanitaria c’ha così bruscamente e duramente costretti ad interrompere. Raccontare quello che non c’è (un evento sportivo che è anche momento di condivisione sociale del e nel paesaggio) per riconoscerne l’insostituibile importanza. Per guardare avanti tutti assieme, riconoscendo nel binomio sport e paesaggio un valore e una qualità da ritrovare, e di cui imparare ad avere cura.
Quindi, buon “giro che non c’è” a tutti.